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www.jazzitalia.net 16 ottobre 2004
07/03/2008

www.jazzitalia.net 16 ottobre 2004
RECENSIONE «SMALL DAY TOMORROW» Michela Lombardi Quintet

Fra cantanti dalle imprecisate qualità osannate a precorritrici di presunti "new deal", pop-singer che tracimano nel jazz e jazziste che esplorano ambiti di scarsa pertinenza, in un marasma che pare aver investito tutta la scena canora, affiora una voce che ha invece l'umiltà di non far altro che quello che il jazz ha sempre fatto: prendere delle "care, vecchie e dolci" ballad e proporle con nuova linfa, taglio personale ma non pretenzioso e – soprattutto – tanto rispetto. Anzitutto per le nostre orecchie.
Ciò che subito colpisce dell'album Small day tomorrow è l'intensità espressiva della protagonista, la vocalist Michela Lombardi, al cui nome si ascrive il quintetto artefice di questo delicato lavoro, dove, come specificano le note di copertina, si rende un rispettoso omaggio a Irene Kral, "ballad singer" stroncata 46enne all'apice della carriera da un cancro, poco nota in Italia ma molto apprezzata negli Stati Uniti se Clint Eastwood ne ha inserito un paio di registrazioni nella colonna sonora de "I Ponti di Madison County", insieme a Dinah Washington e Barbara Lewis.
La vocalità della Lombardi incarna un'equilibrata combinazione fra la matrice nera del jazz e le opere di alcuni tra i più illustri songwriters e parolieri bianco-americani dagli anni '40 in poi: un percorso fra ballad più o meno conosciute, piccoli deliziosi ritratti canori cui la nostra infonde il proprio timbro vocale, connotandoli fortemente con innato senso dello swing e della melodia. Si parte da Comes love, una versione che, oltre ad esaltare la tridimensionale ritmica percussiva di Riccardo Jenna, avvolge nella sensualità morbida e malinconica della voce, catturando l'attenzione dell'ascoltatore. Simile all'originale della Kral, It isn't so good mantiene nell'arrangiamento lo stesso pulsante andamento ritmico, mentre il profondo vocalismo ben regge l'impronta ironica del titolo, suffragata dal registro rauco del sax baritono di Alessandro Riccucci, perfettamente in tema. Fedele l'approccio a Some other time, cui la Lombardi imprime un proprio tocco nel modo sbilanciato e pregnante di distendere le rime tratte dal musical "On the town", toccanti le atmosfere spillate dall'intervento del piano e dalle prolungate ondulazioni armoniche della chitarra. Quindi la title track Small day tomorrow, vibrante il contrabbasso, puntuale il brushing asciutto del rullante e vocalizzo sofferto e brumoso, di una sensibilità che sa restituire solo chi penetri davvero lo spirito di un testo. Ne dà conferma l'assolo all'armonica di Federico Bertelli, secco e senza riverbero, semplice come le strofe. E nel coinvolgimento dell'interpretazione, la cantante viareggina non elude quelle sonore impurità blues di cui il pezzo non può fare a meno, specie sul finale.
Sapientemente bilanciato l'incipit in duo acustico chitarra e voce per Guess I'll hang my tears out to dry, dove i due strumenti, pur restando esposti e vulnerabili, anzi proprio perché spogli, scoprono la propria anima, la parte più intima di sé, attestando una luminosa intesa. Notturno ed inquietante l'arpeggio stoppato di chitarra all'inizio di The meaning of the blues, fra le cui evanescenti pieghe restano impigliate le note a tratti tremule della vocalista. Duettato anche il solo fra la corposa elettrica di Giovacchini e le fitte ritmiche del rimshot di Jenna, per una trasposizione tutta piano-less. In emozionante crescendo, torna in You are there la chiarezza narrativa e penetrante della Lombardi, sembra di "vedere" le parole, d'esservi dentro: il tono, la partecipata recitazione, tutto evoca le immagini e le trasognate visioni della protagonista dei versi, sugli acuti di un cristallino solo del piano di Frassi. Intima e struggente Everything must change, armonizzazione quasi "leggera" su linea di basso discendente per semitoni, la quale suscita una sensazione di caduta: suadente l'atmosfera, i sensuali accenti appena arrochiti trascinano in fondo per divenire tranquillizzanti quando la voce si fa più "canora" o sospendere l'orecchio sui rari e perciò preziosi falsetti. Sullo stesso tema si dipana anche il solitario e rarefatto fraseggio della chitarra, languido nelle tensioni dello string bending, sul lieve e spolverato rullante dell'ottimo Jenna.
Una gemma, nell'avvio di That's all, il duo della bionda interprete con il trainante walkin' bass, sospinto poi dalle vibrazioni sui piatti, divertente l'umore della chitarra: tutto il brano rilassa per freschezza e propulsività, e, sopra tutto, la scattante cantabilità della Lombardi. Nonostante l'armonia dissonante del secondo accordo, la "ninnante" ambientazione blues non poteva che intitolarsi Lunatic Lullaby, unica composizione originale dell'intero cd firmata dalla nostra e dal suo pianista, in cui tuttavia ad essere cullato fra lenzuola intorpidite e lunari chiaro-scuri non è certo un infante… Punte di grande lirismo nelle rifiniture solistiche affidate al contrabbasso di Pellegrini.
Infine, la reprise piano-voce di You are there, il cui trasporto emotivo è assolutamente da condividere con qualcuno accanto, magari dopo una cenetta a lume di candela, mentre fuori piove, cuscinone davanti al camino acceso ed un paio di bicchieri di rubicondo e pastoso vino…
Senza nulla togliere a contrabbasso e batteria, su cui ci si è già soffermati debitamente, degno di nota è il connubio ritmico fra piano e chitarra, in altri contesti di solito in fastidiosa e pericolosa sovrapposizione – se non addirittura contrapposizione –, qui invece perfettamente intersecati e coordinati, come si conviene e raramente avviene.
Espressività che preferisce restare sfumata in riflessive solitudini, vicina per suggestioni alle raffinate nuances di Patricia Barber, senza però l'eccessiva ricercatezza della stessa, talora con assonanze pop-soul di classe, certamente conoscitrice del repertorio delle produzioni musicali di Broadway senza – per fortuna – la connotazione prosaica di quelle musiche, Michela Lombardi mostra in questo lavoro le proprie qualità artistiche, meritando l'interesse che si deve ad un'artista completa e matura, che attende adesso di far conoscere la sua solare voce jazz.•
Antonio Terzo per Jazzitalia

Press
Photo by Stefano Chiodini 
 
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